Si parla molto di diritti, e ancor più se ne dovrebbe parlare per uscire dall'oscurità generale cui si nascondono a volte interessi altrettanto fumosi, ma anche dalla superficialità di certi contestatori che "surfando" leggeri sulle onde della rete fanno affermazioni e assumono atteggiamenti le cui conseguenze economiche e culturali sono potenzialmente molto gravi.
Mi riferisco a barbari, come li chiama Alessandro Baricco nell'omonimo saggio pubblicato in forma di feuilleton sul quotidiano "La Repubblica" nella lontana estate del 2006, dove si analizzava in modo ironico e lucidissimo la progressiva affermazione di stili di vita e di modelli di consumo culturale che sembrano poter fare a meno di valori e certezze su cui le generazioni precedenti hanno costruito le loro certezze sociali.
Il cambio di paradigma a cui stiamo assistendo abbastanza sgomenti. Quello che si è messo in moto è un processo di riassetto dei rapporti di potere fra contenuti e reti che fa cambiare a gran velocità le modalità di produzione dei contenuti e gli scenari di consumo dei media. I tempi di penetrazione dei nuovi media sul mercato si accorciano drammaticamente. E non solo negli stati Uniti, ma anche in Europa dove la vita media di un telefonino è ridotta a diciotto mesi. Aumenta di pari passo la capacità di svolgere diverse attività in contemporanea.